Credo che mai come in questo momento così complicato per il
Paese e, di conseguenza, per il vasto mondo dello sport, si
senta la necessità di un dibattito franco e onesto su come
muoversi da qui in avanti. In tal senso mi sembra doveroso
esprimere in anticipo un sincero ringraziamento agli amici
di Podisti.Net per avermi offerto la possibilità di (come si
suol dire) gettare un sasso nello stagno. Schierandomi sin
dall’inizio di questa pandemia nel fronte minoritario di chi
non la considerava così grave come veniva sbandierata da
gran parte dell’informazione nostrana, oggi la situazione mi
sembra tale, soprattutto guardando con attenzione
l’andamento dei numeri che ci vengono proposti
quotidianamente, che non mi pare una eresia ritenere
ragionevole la ripresa dell’attività agonistica entro il
mese di giugno. Una ripresa la quale, visto il carattere
eminentemente regionale del podismo amatoriale, potrebbe
essere autorizzata in subordine perlomeno in quelle
regioni in cui i riscontri dell’infezione da Covid-19 sono
minimi, come nel caso dell’Umbria, in cui risiedo oramai
da 25 anni, e dove da alcuni giorni non si riscontra alcun
positivo e c’è una sola persona ricoverata in terapia
intensiva.
A tale proposito mi sono preso l’ardire di promuovere una
petizione (http://chng.it/qGkTc4Qhr5) sulla piattaforma
change.org, proprio per contrastare nel mio piccolo un
dilagante allarmismo che sta da tempo paralizzando l’intero
Paese e che, secondo moltissimi studiosi, a partire
da tanti clinici che operano in prima linea, appare tanto
ingiustificato quanto estremamente autolesionistico.
Mi riferisco, in particolare, al primario delle
terapie intensive del “San Raffaele di Milano, Alberto
Zangrillo, il quale da alcune settimane sta ammonendo il
fronte catastrofista, portando a sostegno delle sue tesi
evidenze empiriche molto significative (in sostanza in
questo grande ospedale lombardo non ci sono quasi più
ricoveri per Covid-19 dai primi d’aprile), circa i danni a
lunga scadenza che un blocco eccessivo determinerà, compreso
un aumento esponenziale di decessi anticipati per aver
completamente trascurato tutto il resto delle gravi
patologie che affliggono la cittadinanza.
Sulla stessa linea è schierato il professor Matteo
Bassetti, direttore della clinica di Malattie Infettive
del “San Martino” di Genova, il quale ha annunciato il 29
maggio che il suo reparto tornerà alla normalità, in quanto
– ha dichiarato - “il trend calante dell’epidemia continua,
prova ne è che abbiamo difficoltà ad arruolare i pazienti
negli studi clinici, di patologia ne sta circolando molto
poca e quasi nulla”.
Tutto questo, poi, è confermato da altri tre scienziati
piuttosto accreditati, come il professor Arnaldo Caruso,
presidente della Società italiana di virologia, che starebbe
per pubblicare alcuni documenti scientifici secondo cui il
virus avrebbe subito una decisiva mutazione in senso
benigno, così come storicamente è sempre accaduto a queste
tipologie di virus.
Anche il professor Giuseppe Remuzzi, direttore
dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, e
l’illustre virologo Guido Silvestri, che opera in una
grande università americana, sostengono da tempo la medesima
impostazione. Silvestri, in particolare, sta pubblicando a
cadenza quotidiana interventi molto approfonditi, alcuni nel
sito del ‘rigorista’ Roberto Burioni, nei quali attacca
in modo abbastanza esplicito il fronte dei catastrofisti.
Significativo un suo passaggio, riportato il 30 maggio da
alcuni quotidiani:
"Mi segnalano in molti che i due “bollettini del
catastrofismo” un tempo noti come ‘Corriere della Sera’ e
‘Repubblica’ sono sempre più in difficoltà nel trovare
spunti per darci il nostro ‘panico quotidiano’. Per esempio
cominciano a riporre le loro ‘speranze di disastro’ in un
ritorno di SARS-CoV-2 in autunno – cosa che io in effetti
temo (però verso Dicembre/Gennaio, a dire il vero) visto che
questo virus sta dando tutti i segni di una forte
stagionalità (e quindi comportandosi come gli altri
coronavirus). Ma trovo buffo che i bollettini del
catastrofismo adesso puntino sul ritorno del virus a fine
anno quando per molte settimane negavano – contro ogni
evidenza – la stagionalità di COVID-19, sposando invece
teorie bizzarre come quella dei 150.000 ricoveri in terapia
intensiva per l’8 di giugno, che se voleva essere uno
scherzo non ha fatto ridere nessuno“.
Ora, scusandomi per queste citazioni - a mio avviso
necessarie -, si dovrebbe giungere rapidamente alla
conclusione che allo stato attuale, in cui il virus
nella stragrande maggioranza dei casi – sempre più isolati -
si comporta al massimo come una blanda forma influenzale,
non ci sono i termini per impedire la ripresa, seppur
nell’ambito di ovvii protocolli di sicurezza, delle nostre
corse podistiche popolari. Ovviamente ciò avverrebbe,
così come in tutto il resto nelle nostre normali attività
umane, nell’ambito di un ragionevole rischio calcolato.
Tuttavia, e qui concludo, continuare a proibire anche
durante l’estate l’organizzazione di tali kermesse sportive,
nel vano e velleitario tentativo di rincorrere il mitico
rischio zero - che mai potrà essere raggiunto -,
equivarrebbe a bloccare la nostra nobile e gloriosa attività
sportiva di fronte a qualcosa di simile a un raffreddore, se
il rapido andamento dell’interazione tra il Covid-19 e
l’uomo proseguirà secondo il percorso indicato dai
summenzionati esperti.
Come ha dichiarato con grande preoccupazione lo stesso
professor Zangrillo in una recente diretta televisiva, molti
altri virus analoghi faranno la loro comparsa nelle nostre
opulente società, e non possiamo pensare ogni volta di
affrontarli nel modo allarmistico e paralizzante con cui lo
stiamo facendo anche quando l’emergenza non c’è più da tempo.
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